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L’hojojutsu

La storia del Giappone ha visto l’inizio in un periodo di continue guerre e lotte interne. E’ in questa situazione che sono fiorite le arti marziali, tra cui l’hojojutsu (o Nawajutsu), che prevedeva l’uso di corde per attaccare, difendere e immobilizzare i prigionieri di guerra. Le origini di questa arte marziale non sono ben chiare, tuttavia si rivelò presto una pratica molto efficace di cattura e imprigionamento, per cui la sua conoscenza è importante, oltre che interessante, per comprendere come il kinbaku moderno si sia evoluto.

Le tecniche sviluppate dall’hojojutsu dimostrano un’accorta conoscenza anatomica e presentano temi ricorrenti come la riduzione delle leve (gli arti vengono bloccati in modo che la forza che si riesce ad applicare è minore), il posizionamento delle corde per scoraggiare il divincolarsi (ad esempio facendo passare una corda intorno al collo), comprimendo zone sensibili dei nervi delle braccia, polsi o altre aree, con lo scopo di provocare un progressiva pressione sui vasi sanguigni, in caso di tentativi di divincolarsi, con la conseguenza di addormentare le estremità.

Con l’unificazione del paese ottenuta da Tokugawa Ieyasu inizia quella che oggi è definita l’era Edo (1603-1868) in cui il Giappone visse un periodo libero da guerre e di completo isolamento dal mondo occidentale. Ed è proprio in questo periodo in cui i samurai di rango inferiore, non più utilizzati per la guerra, furono utilizzati come forza di polizia per combattere i crimini comuni tra i più vari, andando dalle risse al tradimento all’omicidio. Questi compiti di polizia, utilizzarono con profitto le tecniche di combattimento sviluppate in tempo di guerra, trasformandole in metodi di polizia in periodi di pace. In particolare le tecniche che prevedevano l’uso di corde si dividevano in due  categorie, Hayanawa e Honnawa. La prima comprendeva tecniche rapide per immobilizzare l’avversario (per esempio durante l’arresto), mentre la seconda utilizzava le corde per creare delle legature usate per il trasporto dei prigionieril’interrogatorio, la condotta davanti ad un tribunale o, nei casi più gravi, l’esposizione pubblica prima di un’esecuzione. Le tecniche Honnawa erano realizzate non da una sola persona, ma da un gruppo di conestabili, la cui presenza permetteva la creazione di disegni più intricati e lunghi da eseguire. Inoltre queste erano le tecniche usate per trasportare i prigionieri al di là dei confini provinciali, visto che gli ufficiali di ogni giurisdizione custodivano gelosamente le loro tecniche, al punto da arrivare a circondare il prigioniero per nascondere ad occhi esterni il modo in cui quelle legature venivano eseguite.

Le regole per questo tipo di legature erano:

  • Deve essere impossibile fuggire da queste legature, anche se il prigioniero dovesse provocarsi la lussazione delle articolazioni
  • Il prigioniero non deve essere in grado di comprendere il metodo della legatura
  • La legatura non deve deliberatamente bloccare la circolazione del sangue in nessuna parte del corpo né provocare compressione dei nervi
  • La legatura deve essere bella.

Ecco quindi che l’aspetto estetico, spesso presente nella vita quotidiana del Giappone, porta a sviluppare una serie di tecniche e di legature da utilizzare per prigionieri di diverse classi sociali, che disegnavano intricati percorsi sulla loro schiena. Va notato come nel passaggio dall’hojojutsu al kinbaku moderno si è assistito ad uno spostamento del disegno intricato dalla parte posteriore a quella anteriore del soggetto.

Questa differenziazione delle tecniche era così evidente che un passante avrebbe potuto risalire al reato commesso e talvolta anche alla pena che gli sarebbe stata inflitta, semplicemente guardando il tipo di legatura che gli era stata fatta.

Le ragioni di queste differenziazioni nelle legature è data dal fatto che in Giappone, essere legati era una delle sorti più vergognose, che comportava disgrazia ed ostracismo. La vergogna dell’essere legati, ha portato con sé un fascino pieno di paura per i giapponesi e costituisce un aspetto importante delle loro pratiche S/m.

Questa preoccupazione per la scelta della legatura più appropriata, ha portato anche ad alcuni dilemmi dal risvolto divertente. Che sarebbe successo se un povero conestabile, in una città importante, avesse dovuto imprigionare un potente nobile e questo fosse poi riconosciuto innocente? Ecco che la soluzione fu quella di utilizzare legature che non avessero dei nodi, bensì solo un intricato intreccio che avvolgesse il prigioniero. In questo modo il povero conestabile avrebbe potuto difendersi sostenendo che il prigioniero non era stato legato, semmai soltanto “avvolto” dalle corde. Ovviamente queste preoccupazioni si manifestarono solo in grandi città come la capitale Edo (l’odierna Tokyo), ma non nelle province, dove veri nodi erano sempre utilizzati.


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