All’inizio degli anni 70, all’incirca nello stesso periodo in cui fu la seconda fioritura di riviste SM, l’industria del cinema giapponese era in seria difficoltà. Gli spettatori non andavano più nelle sale, catturati dall’avvento e diffusione della tv e i giorni gloriosi del cinema giapponese del dopoguerra erano ormai finiti.
I Nikkatsu Studios, creati nel 1912, era una delle maggiori case di produzione giapponesi allora in difficoltà. Sull’orlo della bancarotta decisero di investire le poche risorse rimanenti nei pinku eiga (film erotici), che fino al 1971 erano stati realizzati soltanto da compagnie di secondo o terzo ordine. Per dare l’idea di quanto drammatica possa essere stata questa decisione provate ad immaginare la Metro Goldwyn Mayer che passa dal fare i musical a fare film porno.
Per quanto possa sembrare scioccante, la mossa si rivelò alquanto profittevole e nel 1974 il consiglio di amministrazione decise di lanciare un nuovo tipo di pinku eiga, che nominarono roman-porno (“porno romantici“) incorporando anche soggetti sadomaso.
Il 22 giugno 1974 fu distribuita la prima versione cinematografica della famosa storia di Dan Oniroku, Hana to Ebi (“Il fiore e il serpente”) e fu presto seguita da Ikeniie Fujin (“La moglie da sacrificare”). Entrambi i film erano diretti da Konuma Massaru e interpretati dall’attrice Tani Naomi. Non è ben chiaro se sia trattato di semplice disperazione commerciale o di perfetta lettura del momento storico, fatto sta che i due film ebbero un successo spettacolare è addirittura “La moglie da sacrificare” divenne uno dei cinque migliori successi di tutti i tempi per i Nikkatsu Studios.
Il successo di questi e dei successivi film dei Nikkatsu Studios risiede anche nella qualità che gli studios erano in grado di infondere in questi lavori, dalla produzione alla regia agli autori e agli attori coinvolti. I registi godevano di ampia libertà e controllo sul contenuto del loro film e a loro la casa di produzione richiedeva soltanto che venisse inserita una scena di sesso ogni 10 minuti. Gestire queste scene era una sfida notevole dal momento che la nudità completa era assolutamente proibita dai censori. In realtà era necessaria una grande dose di creatività per sfruttare al massimo i limiti imposti, cosa che in alcuni casi portava a soluzioni e idee originali dal punto di vista visuale.
Riguardo le scene di shibari/kinbaku in questi film, esse costituirono un ulteriore sfida. Una cosa era legare per delle fotografie, ma ben altra cosa era legati degli stili classici senza rendere finte le tecniche e permettendo comunque agli attori di recitare. Di certo richiedeva delle qualità superiori a quelle necessarie per legare in modo approssimativo l’eroina di turno sui binari della ferrovia.
Per “La moglie da sacrificare” e “Il fiore e il serpente” il “kinbaku shidou” (insegnante di kinbaku) fu Urato Hiroshi, che, anni dopo, disse di aver ricevuto grande libertà dal regista Konuma per realizzare le legature. Egli usò una grande varietà di tecniche classiche e moderne, lavorando talvolta in condizioni di vento e di pioggia estremamente difficili e realizzando delle legature artisticamente interessanti che misero a dura prova e allo stesso tempo esaltarono la bella Tani Naomi.
Diverse tra le scene più spettacolari di questi film vedevano gli stessi attori legati in sospensione e fu in queste occasioni che i grandi bakushi come Tsujimura e Urato, forti delle esperienze acquisite durante la realizzazione di tanti servizi fotografici, trovarono il modo di realizzare in maniera sicura quelle che originariamente erano delle tecniche di tortura. Questo tipo di acrobazie divennero parte degli spettacoli dal vivo quando il pioniere di questo genere, Osada Eikichi cominciò le sue leggendarie performance a Tokio, attraendo folle numerose. Come menzionato in precedenza, i suoi spettacoli divennero i precursori di quelli che sono oggi i moderni spettacoli di kinbaku, che prevedono molto spesso delle figure aeree.
Dan Oniroku continuò la sua collaborazione con i Nikkatsu Studios e Tani Naomi fino al ritiro dell’attrice nel 1978. Nel momento in cui i Roman Porno della Nikkatsu cominciarono a perdere vigore all’inizio degli anni 80, la casa di produzione aveva realizzato oltre 1100 di questi titoli, molti dei quali a tema SM e sebbene la stessa Nikkatsu usasse il termine pornografia per descrivere il loro film “pink”, questi film non devono essere confusi con il porno come lo conosciamo oggi. Infatti dovrebbero essere più correttamente descritti come film erotici o soft core.
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